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per il FORUM FILATELIA e FRANCOBOLLI pagina 165b

 

FORUM CONTINUA 165b: Qui parleremo dei nostri articoli apparsi sul magazine di economia http://www.finanzalternativa.it/ oltre a quelli di giornalisti amici che ci hanno dato con entusiasmo il benestare a presentare qui i loro.

Il magazine "Finanza Alternativa" è settimanale e online. Andando sul quel sito è possibile lasciare commenti e iscriversi alla lista di distribuzione della rivista gratuitamente.

Potete anche scrivere direttamente al direttore Giambattista Pepi a: giambattista.pepi@alice.it , chiedendo di ricevere la newsletter.

Il perché articoli di tipo filatelico possano apparire su una rivista di finanza è molto semplice. Filatelia vuol dire Cultura e quindi articoli sui nostri amati francobolli possono apparire ovunque. Anche i non collezionisti apprezzano le storie che si nascondono dietro i francobolli. I più appassionati capiranno che è molto semplice iniziare una collezione e fare ricerca con approfondimenti che daranno origine a ore di relax e divertimento. La filatelia è un hobby intelligente. La gratificazione è una semplice conseguenza del nostro collezionismo...

 

Alcuni dei miei articoli apparsi su Finanza Alternativa e riportati in questa pagina sono poi stati pubblicati sui supplementi cartacei di Finanza &Sviluppo del quotidiano La Sicilia. Sul numero del 20 luglio 2014 è inoltre apparsa una intervista al sottoscritto dal titolo: "La Filatelia è un hobby culturale, ma qualche soldo ci può scappare". Ve la proponiamo integralmente, basta semplicemente cliccare sul titolo stesso.

 

 

Prima però una notizia importante:

ATTENZIONE: dal 26 luglio 2014 al 28 settembre c'è anche una esposizione di una collezione bilingue (italiano/esperanto) di buste e francobolli dell'Isola delle Rose fra la serie di eventi celebrativi di questa famosa isola che si terranno al museo di Berceto (pv. Parma). Disponibili cartoline dell'isola, annullo italiano della manifestazione e francobolli personalizzati sloveni e austriaci.

Leggete il programma e ordinate cartoline e quant'altro leggendo il programma a questo link:

http://www.insulodelarozoj.it/

Pensate che il solo catalogo è di 150 pagine! Una storia da rivivere leggendo o guardando i 400 m2 dell'esposizione.

Cartoline, catalogo, annulli, francobolli, tutti ordinabili alla segreteria del museo al:

segreteria@museopiermariarossi.it

materiale della mostra anche in vendita

 

annullo della manifestazione disponibile sulla cartolina ufficiale e numerata

 

: "L'Isola delle Rose"  da Berceto: "L'Isola delle Rose" - RTA VIDEOTARO

26 Luglio 2014

Si inaugura la mostra al museo Pier Maria Rossi

Oggi Berceto fa un salto nel passato, grazie all'inaugurazione della mostra L'Isola che non c'è, che ci porterà indietro nella storia degli anni '60. Si tratta di un avvincente racconto di un raro caso di utopia, realizzata anche se per brevissimo tempo. La mostra, esposta al Museo Pier Maria Rossi di Berceto, racconta la straordinaria storia tra sogno, utopia e libertà delL'ISOLA DELLE ROSE, fondata, appunto, negli anni '60 per volere dellʼIng. Giorgio Rosa: aveva il suo governo, la sua bandiera,la propria lingua ufficiale (l'esperanto), la propria valuta e un ufficio postale dal quale fecero appena in tempo a partire un centinaio di lettere e cartoline affrancate con i propri francobolli.Dopo soli giorni dalla proclamazione di Repubblica Indipendente, lo Stato Italiano decise di distruggerla considerandola un "grave pericolo" e risultò vano qualsiasi appello al Presidente della Repubblica Saragat per salvare il destino della nuova Repubblica che venne così distrutta, definitivamente, il 25 febbraio del 1969. un caso che turbò i potenti ed il potere che turbò i potenti ed il potere. Molti i nomi importanti che domani interverranno a Berceto. A mezzogiorno sarà presentato il servizio temporaneo filatelico di poste italiane con annullo dedicato e, alle 17, si terrà la visita giudata alla collezione filatelica. Poi, alle 18, conferenza, in strada Romea, su “esperanto, terra di convergenza e d'incontro tra lingue, culture e religioni e, in chiusura, alle 21, la proiezione di un film documentario sull'isola. L'ideatore della mostra, il fotografo Giuseppe Bigliardi, ha voluto organizzare a Berceto questa mostra per decontestualizzare la vicenda, portarla fuori dai suoi confini e darle un respiro universale. “Perchè- asserisce Bigliardi – questa rimane una vicenda, purtroppo, ancora sconosciuta ai più”. FA PAURA    

 

 

 

 

Riprendiamo dall'inizio:

 

 

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Partiamo del primo articolo apparso il 22 gennaio 2014:

I francobolli degli Stati per finta. Il principato di Sealand.

Articolo di Fabio V.

 

Il Principato di Sealand.

Il Principato di Sealand sorge sulla Rough  Tower, una piattaforma a 11 chilometri dalle coste inglesi del Suffolk.

Le aspirazioni umane sono tante, una delle prime ha riguardato il volo: l’uomo voleva librarsi in aria ad imitazione degli uccelli. Ciò aveva portato Leonardo da Vinci a studiare il volo dei pennuti e ad inventare l’ornitottero, una specie di deltaplano ad ali battenti.

E lo strano velivolo, ahimè, fu sperimentato nel 1506 a Fiesole dal suo assistente Zoroastro da Peretola che ne ricavò una gamba rotta. Altra aspirazione, valida ancora oggi, è la creazione di uno Stato in cui ognuno possa essere signore incontrastato e illuminato. Utopia di libertà, di rottura con il resto del mondo, di rigetto dei lacci delle leggi imposte. Così nel tempo sono stati fondati Stati sovrani, o ipotetici Stati, su isole sperdute o piccoli territori che potevano anche coincidere con le pareti di una stanza. Sembra incredibile ma si entra nel mondo delle micronazioni, entità riconosciute quasi sempre solo dai loro creatori, ma ben note ai collezionisti filatelici. Le Micronazioni infatti, reali o presunte se non addirittura virtuali dopo l’avvento di internet, per attestare e comprovare la loro esistenza emettono francobolli, stampano moneta, rilasciano passaporti e vendono titoli nobiliari.

Andiamo oggi alla scoperta di Sealand, un principato fondato nel 1967 e che ha vissuto momenti tribolati perché anche le micronazioni non sono immuni da rivoluzioni e colpi di stato.

L’inglese Paddy Roy Bates fu l’artefice di questo principato che si può ritenere uno dei più concreti e duraturi visto che esiste ancora oggi e che le sue coordinate sono ben note a tutti i marinai che navigano nel mar del Nord. Mr. Roy occupò, a inizio 1967, la Rough Tower, una piattaforma artificiale posta a 11 km dalle coste inglesi del Suffolk e costruita dai militari britannici come postazione antiaerea a difesa dell’estuario del Tamigi. La piattaforma, dotata di alcuni edifici e di un eliporto, ha un’estensione di 550 m2 e fu dismessa nel 1956. Inizialmente l’occupazione aveva come scopo l’utilizzo dell’isola artificiale come base per una radio pirata che avrebbe potuto trasmettere al di fuori delle acque territoriali di sua maestà la regina Elisabetta II. Poi le cose si evolsero e il 2 settembre 1967 fu proclamata l’indipendenza di quella struttura con il nome di Principato di Sealand e Mr. Roy divenne il principe Roy I. Da allora la sua famiglia vive sulla piattaforma e alla sua morte, avvenuta nel 2012, gli è succeduto il figlio Michael. Nel 2002 un censimento ha rilevato che ben 27 persone costituivano la popolazione dell’autoproclamato principato. Interessante sapere che nel 1968 un giudice britannico, intervenuto per dirimere una disputa sorta dopo che Roy I aveva indirizzato alcuni colpi di arma da fuoco verso degli operai che stavano posando una boa di navigazione in prossimità della piattaforma, sentenziò che il Regno Unito non aveva giurisdizione sui fatti in quanto avvenuti fuori dalle acque territoriali.

E non fu quella la sola volta che i Bates usarono le armi. La prima volta avvenne nel 1967 per contrastare l’ex socio di Roy I, tal O’Rahilly, che voleva impossessarsi della piattaforma, poi nell’agosto del 1978 quando sedicenti uomini d’affari olandesi e tedeschi saliti sulla piattaforma sequestrarono il figlio del principe.

Roy I, rientrato in elicottero con alcuni mercenari armati di tutto punto, riconquistò il suo territorio, liberò il figlio e prese prigionieri tutti gli invasori. Roy I trattenne poi solo un tedesco che aveva anche la cittadinanza di Sealand. Dovette intervenire un diplomatico di Bonn per ottenerne il rilascio. Questa trattativa diede grande soddisfazione e visibilità a Roy I, perché era un implicito riconoscimento di Sealand da parte di una grande nazione. Intanto il Principato, a partire dal 1970, aveva iniziato a emettere francobolli.

Francobolli dedicati ai grandi esploratori.

Francobolli dedicati ai grandi esploratori.

I soggetti riguardano il mare: grandi navigatori, navi famose e animali marini. L’ultima serie nota è stata emessa nel 2010. La qualità dei francobolli di Sealand è di medio livello e anche se non esiste un riconoscimento da parte dell’UPU (Unione Postale Universale), sono note buste con l’annullo di Sealand, in blu. Il timbro riporta in un doppio cerchio per due volte la scritta “Sealand” e la data.

L'annullo Sealand ships.

L’annullo Sealand ships.

Il valore dei francobolli di Sealand è minimo (pochi euro a serie completa o per busta) ed è paragonabile a quello delle etichette in vendita nelle molte isolette che attorniano la Scozia, prive di ufficio postale. Tali etichette sono utilizzate come marche di trasporto della posta, da ciascuna isola, sino al più vicino Post Office britannico.

Ultima importante notizia: dal 2007 il Principato di Sealand è in vendita per soli 10 milioni di euro. Per ora nessuno si è fatto avanti … chi sarà il prossimo principe?

 

 

 

FINE

 

Articolo sull'Isola delle Rose:

 

Le rarità filateliche dell’Isola delle Rose

Articolo di Fabio V.

Un francobollo del piccolo Stato dell’Isola delle Rose da 30 miloj con la scritta in esperanto.

Un francobollo del piccolo Stato dell’Isola delle Rose da 30 miloj con la scritta in esperanto

Il militare del corpo sommozzatori della marina di La Spezia mise l’ultima carica dei 1080 chili di dinamite e controllò la miccia. Fece segno ai colleghi e su una pilotina si allontanò dalla piattaforma. Poco dopo il sogno dell’ingegnere Giorgio Rosa svanì in una nuvola di fumo e di detriti. L’isola delle Rose non esisteva più. Era il 13 febbraio 1969.

Dopo un batti e ribatti in carta bollata, il Consiglio di Stato Italiano aveva dato disposizione di abbattere la piattaforma, situata fuori dalle acque territoriali italiane a 44° 10’ 48’’ nord e 12° 36’ 00’’ est, che si era dichiarata indipendente durante una conferenza stampa tenuta sull’isola il 24 giugno dell’anno prima. Nessuno, tantomeno i giornalisti, era a conoscenza dell’ora del brillamento delle mine e solo il capo dei sommozzatori poté filmare brevemente l’evento.

L'Isola delle Rose fu fatta esplodere il 13 febbraio 1969.

L’Isola delle Rose fu fatta esplodere il 13 febbraio 1969

Due giorni prima un tentativo di distruggere l’ imponente e forte struttura era andato fallito, di qui la necessità di aumentare il numero delle cariche di TNT. Un ingegnere di Bologna, alcuni anni prima aveva registrato il brevetto 850.987 dal titolo “Sistema di costruzione di isole in acciaio e cemento armato per scopi industriali e civili”. Apparentemente un’idea un po’ bislacca perché la costruzione in mare aperto di piattaforme richiede un impegno notevole in uomini, attrezzature e costi.

Una foto in bianco e nero dell'ingegnere Giorgio Rosa.

L’ingegnere Giorgio Rosa

L’ing. Giorgio Rosa era un genio nel suo settore e la realizzazione era, almeno sulla carta, di una facilità incredibile. Trascinata una struttura composta di pali e tiranti  sino a un basso fondale  al largo di Rimini, con un pontone i pali cavi erano stati piantati sul fondo fino a 40 metri di profondità. I 9 pali, con un diametro di 630 mm, vennero poi riempiti con cemento. Furono innalzati solo due piani ma al momento del collaudo risultò che altri 3 piani potevano essere tranquillamente aggiunti senza creare problemi di stabilità. Il totale calpestabile era di 400 metri quadrati. Erano previsti un bar e un ufficio postale al primo piano, mentre al secondo avrebbero trovato posto la camera per il guardiano e la moglie e vani per gli attrezzi.

Svariate prove in tempi diversi furono necessarie per testare materiali, individuare il punto esatto in cui innalzare l’isola artificiale e trovare le giuste condizioni del mare. Nel  1964 iniziarono i primi sondaggi, ma si arrivò a fine 1967 per vedere ultimati i lavori. Il 1° maggio 1968  una piccola bandiera arancione, con tre rose rosse nel centro, venne innalzata sulla cima di una trivella che era servita ad estrarre acqua dolce proprio sotto la piattaforma.

Quello stesso giorno in via Bizet n. 3, al primo piano dell’isola, si riunirono i soci dell’ing. Rosa: furono assegnate le cariche e prese le prime decisioni. La piattaforma fu dichiarata territorio indipendente e come lingua ufficiale fu adottato l’esperanto per cui l’esatta dizione del Libero Territorio dell’Isola delle Rose era L. T. de la Insulo de la Rozoj. Questa scritta appare sui francobolli che furono messi in vendita ed utilizzati per il trasporto della posta dall’isola sino a riva dove venivano applicati, sulle poche buste in partenza, anche i francobolli italiani per l’inoltro alla destinazione ultima.

Busta viaggiata.

Busta viaggiata

Questi francobolli, sia pure di origine privata, hanno un loro valore filatelico e postale perché furono utilizzati effettivamente per il trasporto di lettere e cartoline. Il francobollo in uso  mostrava la cartina dell’Italia con una piattaforma che emerge dal mare Adriatico e aveva un valore facciale di 30 mills. I mills e successivamente i miloj non apparvero mai su banconote o monete che, per quanto previste, non furono mai coniate per il precipitare degli avvenimenti.

Dopo 55 giorni dalla costituzione di questo nuovo Stato sorto al largo della costa adriatica, e dopo che i giornali locali avevano lungamente discusso sulle finalità di quella che era già un’interessante attrazione turistica, una conferenza stampa tenuta sulla piattaforma annunciò al mondo intero l’ingombrante presenza. Scattarono interpellanze parlamentari, e citazioni e denunce  fioccarono dopo le preoccupazioni sollevate per l’ipotetica presenza di un casinò o di una radio pirata, se non addirittura di interferenze provenienti dall’Est europeo. Già il 26 giugno 1968 i carabinieri e la GdF occuparono la piccola isola e impedirono persino al proprietario di salirci.

Poi la lenta agonia  sino al giorno dell’esplosione e della mareggiata di qualche settimana dopo che portò via ciò che restava dei piloni dell’isola che affioravano ancora. La morte del sogno dell’ing. Giorgio Rosa, che voleva affermare il diritto ad avere un’isola piena di fiori dove poter vivere lontano dai lacci e dai laccioli della burocrazia e dalle pastoie della politica, fu ripresa in una serie di tre francobolli che illustrano il momento dell’esplosione completati dalla frase in latino: hostium rabies diruit opus non ideam (la violenza del nemico ha distrutto l’opera ma non l’idea).

Un francobollo del piccolo Stato dell’Isola delle Rose da 30 miloj con la scritta in esperanto.

Un francobollo del piccolo Stato dell’Isola delle Rose da 30 miloj con la scritta in esperanto (insulo de la rozoj).

A beneficio dei collezionisti di francobolli si può aggiungere che gli esemplari con la piattaforma hanno una quotazione di 50 euro l’uno, mentre i valori con l’immagine dell’esplosione dal facciale da 30, 60 e 120 miloj vengono offerti a prezzi più contenuti.  Gli esemplari più rari sono quelli dell’occupazione delle forze italiane, cioè i francobolli con l’immagine della piattaforma con la rarissima sovrastampa in esperanto su tre righe “Milita Itala Okupado”. Sono, infine, a prezzo da concordare le buste effettivamente viaggiate in Italia e con l’annullo a cartella “Verda Haveno Posto” o “posta di porto verde” che era il nome della zona dell’attracco all’isola.  Le date degli annulli noti vanno da metà maggio al 24 giugno 1968.

FINE

 

 

ALTRO articolo apparso il 28 marzo 2014 :

Il francobollo come sinonimo di indipendenza. Ascesa e declino di Frestonia.

Articolo di Fabio V.

FOTO1- Frestonia-letter-1974-x300

“Egregio signore,

io rappresento la Libera e Indipendente Repubblica di Frestonia, che ha creato un certo fermento il 1° novembre dello scorso anno per via della sua dichiarazione di indipendenza dalla Gran Bretagna…”.

Inizia così una lettera indirizzata il 20 gennaio 1978 al primo ministro danese Anker Jørgensen.

Questa lettera probabilmente fu cestinata da un solerte segretario e, certamente, nessuno ne avrebbe saputo niente se non fosse stata inviata come lettera  aperta anche alla redazioni di molti giornali dell’epoca.

Quella indirizzata alla redazione del giornale Ekstra Bladet di Copenhagen dopo molti anni  è arrivata nelle mie mani.

 FOTO2- Frestonia-cover-1974

La missiva fu affrancata con due francobolli blu, da 9 pence su sfondo bianco con la dicitura Frestonia in uno scudo e annullata a Chelsea il 20 gennaio 1978. Un dipendente della Royal mail britannica, non riconoscendo validi quei francobolli, l’aveva tassata per un importo indicato dalla sigla T 10 1/2 . Sul retro della busta non è indicato il mittente, che però risulta essere tal David Rappaport Bramley, Ministro degli Affari Esteri, come si evince dalla firma della lettera, abitante al numero 107 di Freston Road, Frestonia – Londra W.11, Inghilterra-, come indicato nel frontespizio della stessa.

L’Ekstra Bladet è un tabloid danese famoso per le sue sensazionali rivelazioni e i suoi scoop politici e per poter comprendere il contenuto della lettera occorre  fare un passo indietro nel tempo e scoprire cosa accadde a fine ottobre del 1977 a  Freston Road  nella capitale del Regno Unito.

All’epoca il quartiere, situato nelle vicinanze di  Notting Hill, era in parte occupato da squatter e altri disadattati senza fissa dimora. Quando il Greater Council di Londra decise di rivalutare l’area, gli abitanti si opposero. Si riunirono a quelli delle due strade vicine e decisero di dichiarare tutto il quartiere indipendente dal resto dell’Inghilterra. Il 31 ottobre un referendum fra tutti i duecento residenti sancì ufficialmente quella decisione.

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Lo Stato, denominato Frestonia, adottò il motto latino Nos Sumus Una Familia che appare anche nella sua carta intestata sotto l’emblema utilizzato anche sui francobolli. Frestonia ebbe anche un proprio giornale, The Tribal Messenger, e contava  di avere una propria moneta. Il centro nevralgico delle attività della comunità era un grosso edificio  sito al numero 107 di Freston Road, il People’s Hall. La notizia dell’esistenza di questo Stato nello Stato fece il giro del mondo e, sostenuti dai giornali e sotto l’occhio benevolo delle autorità, i Frestoniani videro aumentare in breve il loro numero. Cinque anni dopo la secessione, il famoso gruppo musicale dei Clash si recò nella People’s hall dove registrò gran parte dell’album Combat Rock a sostegno di quella comunità.

L’idea della scissione era venuta ai maggiorenti di Frestonia dopo una visita al quartiere di Christiania a Copenhagen, anch’esso dichiaratosi secessionista dalla nazione danese.

 Foto4-The-Clash-Combat-Rock

Tornando alla nostra lettera aperta al primo ministro danese citata all’inizio, il suo contenuto era relativo a una dichiarazione di appoggio e sostegno all’iniziativa  degli abitanti di Christiania che all’epoca erano sotto l’osservazione delle autorità danesi per la vendita libera e l’uso di droghe in quel quartiere.

Oggi  Christiania, liberatasi autonomamente dallo spaccio di droghe pesanti, è diventata una zona di  proprietà degli abitanti stessi, che hanno riscattato dallo Stato i terreni e gli

edifici e ora vivono in modo autonomo. Anch’essa nel 1998 stampò propri francobolli:

Foto5-Christiania-x300.

 Differente l’evoluzione di Frestonia che, a poco a poco, ha perso quel carattere di indipendenza e di libertà che ne aveva animato il periodo iniziale: ora nessuno degli abitanti di Freston road parla più di secessione… La scritta Benvenuti a Frestonia campeggia ancora su un muro del quartiere.

 Foto6-Frestonia-welcome

FINE

N.B. per i collezionisti ASFE: i francobolli di Frestonia sono raramente offerti, per cui occhi aperti e come appaiono, senza spendere oltre 30-50 euro l'uno comprateli!

 

Ecco il prossimo articolo: La Repubblica sferica di Kugelmugel.

La Repubblica sferica di Kugelmugel

 di Fabio V. e Alberto Fiore

 

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Nel 1971, Edwin Lipburger, un artista austriaco nato nel 1928 a Lauterach, decise di costruire, vicino al paese di Katzelsdorf, nella campagna austriaca della regione del Niederosterreich, un edificio di forma sferica, basandosi su una sua ispirazione e sostenendo che quella sferica fosse la forma che meglio si integrava con la natura: “Tutto è sferico: la Terra, la vita, la palla… tutto ruota. Perché non vivere in una sfera? La Sfera è libertà, non ha né un inizio, né una fine”.

Questa costruzione fu originariamente battezzata “Sphaera 2000”, e voleva essere non un bizzarro edificio, ma la realizzazione di una visione di una persona che voleva creare un modo alternativo di vivere, costruire e creare arte. Avrebbe dovuto avere il diametro di 7,68 metri, e consistere di unità in legno coperte da lastre zincate, fissate da viti da 12 mm e sigillate da un adesivo permanente. Però, terminata la costruzione, il sindaco locale non ne permise l’allacciamento ad elettricità ed acqua, anzi ne ordinò la distruzione a causa della mancanza dei permessi di edificazione. La disputa su tali permessi proseguì per oltre dieci anni, durante i quali l’artista continuò a cercare una collocazione alternativa per la sua sfera, fino a quando nel 1982 il sindaco di Vienna, Helmut Zilk, sostenendo che “le cose uniche dovrebbero essere salvate poiché non ce ne sono molte in giro”, firmò con Lipburger un accordo per il trasporto della sfera al parco del Prater di Vienna, accordo secondo il quale le autorità di Vienna si sarebbero accollate tutte le spese di trasporto e avrebbero concesso gli allacciamenti di luce ed acqua.

Una volta però effettuato il trasporto, con una spesa di 400.000 scellini Austriaci, Lipburger scoprì che il sindaco aveva cambiato idea, e che gli sarebbe stato riconosciuto solo il 30% delle spese sostenute; inoltre, i permessi di allacciamento di luce ed acqua misteriosamente furono revocati. A questo punto, disgustato dal comportamento del sindaco, che sembrava aver dato l’impressione di essere un entusiastico promotore della cultura a Vienna agendo poi in maniera completamente diversa, e per uscire dalla giurisdizione della legge austriaca, decise di proclamare l’indipendenza della Repubblica di Kugelmugel (“Collina della sfera”), e, oltre a rifiutarsi di pagare le tasse al Governo austriaco, iniziò anche ad emettere francobolli.

In seguito a questo atto, fu arrestato, e condannato a 6 settimane di prigione, evitate grazie all’intervento diretto del Presidente della Repubblica austriaca che lo graziò.

Ancora oggi, la disputa in realtà non è terminata. Nel frattempo, la Repubblica di Kugelmugel è arrivata a contare 370 (389 secondo altre fonti) “residenti” registratisi via internet.
La sfera si trova ancora nel Parco del Prater di Vienna, circondata da un recinto di filo spinato che non ne permette l’ingresso nemmeno allo stesso Lipburger, contornata da cartelli che ne dichiarano lo stato e che descrivono la revoca della cittadinanza onoraria all’ex sindaco Zilk, qualificato come traditore della Repubblica.

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La sfera si trova all’unico indirizzo noto della Repubblica: “2, Antifaschismusplatz” (Piazza Anti-fascismo,2). Se fate il conto, una sfera di diametro 7,68 m ha un volume di circa 237 Metri cubi… la superficie non è facilmente calcolabile (dipende da come sono disposti gli spazi all’interno e questo, sinceramente, credo lo sappia solo il “Presidente”). In relazione ai francobolli emessi, sono noti agli autori solo quelli con il volto dell’artista ed il valore facciale di 10. La valuta non è nota, forse sono scellini austriaci, groschen o qualche altra unità monetaria inventata dal fondatore. Comunque sia, per il momento, Kugelmugel può essere considerata la più piccola Repubblica ad aver emesso francobolli.

FINE

 

Eccoci al 4 luglio 2014:

Le emissioni filateliche dei Micro Stati. Il Territorio di McDonald

di Fabio V. e Alberto Fiore

I cinque francobolli da 2 centesimi di dollaro consegnati il 1° maggio 1961 agli 11mila abitanti del Territorio di McDonald. Valgono pochi dollari Usa.

I cinque francobolli da 2 centesimi di dollaro consegnati il 1° maggio 1961 agli 11mila abitanti del Territorio di McDonald. Valgono pochi dollari Usa.

Nel 1961, la “Missouri State Highway Commission” (Commissione delle Autostrade dello Stato del Missouri) pubblicò la “Official Family Vacationland Map” (“Piantina turistica ufficiale per la famiglia”) del 1961. In questa popolare pubblicazione turistica furono, però, inavvertitamente omesse tutte le informazioni relative alle località turistiche della Contea di McDonald, nell’angolo sudoccidentale dello Stato. Queste località, tra le quali Joplin, Carthage e, soprattutto, Noel, situate all’interno dell’area dell’altopiano delle Ozarks, erano rinomate per i villaggi vacanze, per i pendii, le grotte e i fiumi della zona.

Gli esercenti ed i residenti della contea si preoccuparono del fatto che l’economia dell’area potesse risultare danneggiata da una riduzione del turismo conseguente all’omissione su una delle più lette pubblicazioni turistiche dello Stato.
I cittadini, per dimostrare la propria insoddisfazione nei confronti della mancanza di attenzione da parte dello Stato, organizzarono quindi un movimento per separarsi dallo stato del Missouri. I rappresentanti della Contea furono richiamati e ritornarono alle camere del Senato a Jefferson City, capitale del Missouri, il 12 aprile 1961, per presentare una risoluzione di secessione.

Una versione meno accreditata vuole che venisse proposto anche al Consiglio Tribale Cherokee della riserva vicino a Grand Lake di unirsi alla secessione.
La copertura televisiva e a mezzo stampa di questo evento si dimostrò una pubblicità migliore della cartina turistica. Gli affari ed il turismo esplosero, e sia i residenti, sia i visitatori iniziarono a riferirsi all’area come al “McDonald Territory”.
Fu formato un governo provvisorio, fu formata una Milizia Territoriale con propri ufficiali e si provvide anche all’emissione di visti turistici: qualsiasi veicolo che entrava nel Territorio veniva fermato da membri della milizia e se gli occupanti non erano residenti, veniva loro rilasciato un visto per l’ingresso ed un opuscolo con informazioni turistiche stampato localmente. Fu inoltre approntato un servizio postale, per ragioni principalmente pubblicitarie.
Una serie di francobolli fu emessa per trasportare la posta dal Territorio di McDonald al più vicino ufficio postale statunitense, e il 1 maggio 1961 furono consegnati agli 11mila abitanti del Territorio i francobolli. La serie comprendeva 5 francobolli tutti del valore di 2 centesimi.

Il disegno era semplice, opera di Raymond Mosbaurg: una cornice rettangolare con una iscrizione interna che diceva “McDonald Territory/Stamp/Private Despatch from/Territorial Post office/to the nearest U.S. Post Office”, ovvero “Territorio di McDonald/francobollo/Consegna privata da/Ufficio postale territoriale/al più vicino ufficio postale statunitense”.Un “2”, il valore in centesimi, appare in ognuno degli angoli. I colori dei francobolli sono: nero su giallo, bruno su giallo, verde su giallo, rosso su giallo e nero su arancio.Furono emessi in fogli di 25 (cinque per cinque) e si trovano sia dentellati 12 ½ che non dentellati su alcuni lati. Gli archivi indicano che furono stampati almeno 30.000 fogli, e che almeno 25000 di essi furono inviati a Noel per la corrispondenza nel periodo di vacanze.

Il disegno di Raymond Mosbaurg con l'iscrizione interna.

Il disegno di Raymond Mosbaurg con l’iscrizione interna.

Il “francobollo” veniva posto a sinistra del normale francobollo statunitense, e annullato a mano. Pare che il “Postmaster” di Noel, Howard Cates, annullò 6mila biglietti natalizi in un solo giorno, e più di 60mila nell’intero periodo.
I francobolli furono venduti quasi ovunque: negozi, stazioni di servizio, ristoranti, bar… ovunque tranne che negli uffici postali statunitensi. Il valore sul mercato di questi pseudo francobolli  e di pochi dollari l’uno.

FINE

Alcuni degli articoli apparsi su Finanza Alternativa sono poi stati pubblicati sui supplementi di Finanza &Sviluppo del quotidiano La Sicilia. Sul numero del 20 luglio 2014 è inoltre apparsa una intervista dal titolo: "La Filatelia è un hobby culturale, ma qualche soldo ci può scappare". Che qui vi proponiamo integralmente, semplicemente cliccando sul titolo stesso.

 

Altro articolo apparso il 19 settembre 2014:

 

La storia che non ti aspetti. Il Principato di Seborga

Articolo di Fabio V. e Alberto Fiore

FOTO1-Seborga-Marcello

Sul portale di Bordighera.net del 25 maggio 2013 è apparso il seguente messaggio: “Oggi a Seborga, in occasione dei festeggiamenti nel terzo anniversario dell’investitura di S.A.S. Marcello I°, principe di Seborga, sarà proposta la Nuova Raccolta di francobolli per la ricorrenza. I francobolli faranno parte della Collezione Filatelica del Principato di Seborga. Potranno essere acquistati nei negozi del Principato.” Ma di cosa si trattava? Una trovata pubblicitaria? Esiste veramente un Principato di Seborga con tanto di principe? E se sì, dove si trova? I suoi francobolli sono veri?

Nel nostro excursus fra le micronazioni del mondo non possiamo non parlare di questo pittoresco Principato ubicato in provincia di Imperia a pochi chilometri dall’uscita dell’autostrada per Bordighera. Un paese soleggiato dell’entroterra ligure che negli anni Sessanta si stava spopolando. Fortunatamente fra i suoi 200 abitanti spiccava per attaccamento ai colori seborghini il fioraio del posto, al secolo Giorgio Carbone. A conoscenza di fatti e credenze storiche, peraltro supportare da  documenti autentici, si fece proclamare dai concittadini Principe di Seborga, assumendo nel 1963 il nome di Giorgio 1°.

FOTO2-Seborga

L’attivissimo principe pretese l’indipendenza dall’Italia e piazzò ai confini del piccolo comune delle garitte presidiate dal corpo dei vigili locali. Inventò la targa automobilistica del Principato, da  aggiungere a quella italiana, e approntò persino dei passaporti. Forte del fatto che nel 1666 nel palazzo dei Monaci era in funzione una zecca, si mise a coniare i luigini, moneta locale che al cambio vale ben 6 $. A questo punto non potevano mancare i francobolli del Principato, dove oltre allo stemma del comune e dei cavalieri della corona, campeggiano anche le immagini del barbuto principe. Grazie all’impulso di Giorgio I° Seborga si rivitalizzò e attualmente conta oltre 320 abitanti e un fiorente turismo che alimenta le casse del comune.

Le etichette del Principato di Seborga e il baffuto Principe.

Le etichette del Principato di Seborga e il baffuto Principe.

Ma le rivendicazioni di indipendenza sono credibili? Sia che le revanche siano attendibili o meno, sotto il profilo della promozione del borgo, i risultati sono eclatanti! Le rivendicazioni partono da un lontano lascito dell’anno 954. Seborga, all’epoca, sarebbe stata ceduta da Guido Conte di Ventimiglia all’abate di Lerino (oggi isole Lérins in Francia). Successivamente la Repubblica di Genova ebbe delle pretese su Seborga e quando nel secolo XVIII il borgo fu comprato da Vittorio Amedeo II di Savoia sembra che, per l’opposizione sia dei genovesi,  sia dei francesi, l’atto non fosse mai stato registrato. Né Seborga è citata nell’Atto dell’Unificazione  del 1861 né nella dichiarazione della Repubblica Italiana nel 1946. Si dice persino che Benito Mussolini nel 1934 abbia scritto che “… di sicuro il Principato di Seborga non appartiene all’Italia”… in quanto per dimenticanza o errore voluto era rimasto fuori dai vari passaggi territoriali.  Non poteva poi mancare chi pretende di essere l’unico erede al trono di Seborga e delle Isole Lérins per eredità e discendenza  nobiliare.

Costui, o meglio costei, è Sair principessa Yasmine Von Hohenstaufen Anjou Plantagenet. La principessa considera Marcello I°, subentrato per elezione nel ruolo di principe nel 2010 dopo la morte di Giorgio I°,  un semplice diversivo del borgo e per non creare problemi ha nominato principe onorario di Seborga il Presidente Giorgio Napolitano! Così almeno si legge in un articolo apparso su Il Giornale del 27 aprile 2010.FOTO5-timbro-Seborga

Le etichette stampate a Seborga, che fungono da francobolli per il Principato, oggi vedono campeggiare il nuovo principe Marcello I°. Chi le volesse comprare deve rivolgersi a uno dei due negozi di Seborga. In loco viene apposto il timbro blu con l’iscrizione “Principato di Seborga – Sub Umbra Sedi”. Una volta aggiunti i francobolli italiani in tariffa le cartoline imbucate nel Principato vengono inoltrate a destinazione ricevendo l’annullo postale di Genova C.M.P.

FINE

 

Francobolli e micro stati per finta. La Repubblica di Conch. Articolo di Fabio V.

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Il 13 gennaio 2006 l’Associated Press americana batteva il seguente comunicato: “Key West. La autoproclamata repubblica di Conch venerdì si è annessa un ponte abbandonato nelle Florida Keys. Ciò dopo che il ponte è stato dichiarato dallo Stato Federale come NON appartenente al territorio degli Stati Uniti”.

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Questa notizia, che rientrava nelle controverse interpretazioni sul diritto all’asilo per 15 esuli cubani giunti via mare e rifugiati su un troncone di ponte non più collegato a suolo americano, era di interesse per i residenti locali, ma anche per i collezionisti di francobolli – o pseudo tali – stampati dalle cosiddette micronazioni. Infatti la Repubblica di Conch, che esiste fin dal 23 aprile del 1982, oltre ad avere propri passaporti ha approntato alcuni francobolli che riportano il nome e il valore  facciale espresso in conch, mentre i soggetti raffigurati richiamano crostacei, conchiglie e pellicani della Florida. Conch è il nome inglese delle conchiglie del genere Strombus, le cui carni danno origine ad alcuni prelibati piatti locali.

Alcuni di questi francobolli furono sovrastampati “Christmas 1982″ in concomitanza con il Natale di quell’anno.

Come nacque questa fantomatica repubblica tuttora esistente e che si presenta con un gran cartello di benvenuto a tutti coloro che atterrano all’aeroporto di Key West?.

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Il l°  aprile del 1982 l’autostrada U.S. numero 1, che è l’unica arteria che collega le numerose  isolette della costa della Florida al continente, fu bloccata per cinque giorni dalla polizia che era alla ricerca di clandestini e di narcotici. Una fila di macchine lunga oltre 23 miglia esasperò i residenti della cittadina di Key West. Essi, nel rientrare a casa, dovevano mostrare i documenti al posto di blocco, diventato di fatto un  ingresso doganale, e oltretutto vedevano impedito il movimento dei turisti vera ricchezza di quella zona.

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Le proteste del sindaco Dennis Wardlow non servirono a rimuovere il blocco stradale e anche le successive proteste in sede  giudiziaria non videro riconosciuti i diritti dei cittadini della contea di Monroe di cui Key West fa parte. Il 23 di aprile, sulle scale del tribunale appena sentita la sentenza avversa, il sindaco dichiarò la secessione della sua città dal resto degli Stati Uniti con il nome di Repubblica di Conch.

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Da allora, periodicamente, la Repubblica di Conch, i cui passaporti sono riconosciuti da una quindicina di nazioni dei Caraibi, fa parlare di sé, come nell’episodio citato all’inizio. La trasformazione di quel ponte in una eco-comunità finì nel nulla e i 15 immigrati cubani furono rimpatriati. Non resta da dire che buste affrancate con francobolli statunitensi furono vendute all’epoca per ricordare questa strana secessione e ad uso turistico.

FINE

Le micronazioni filateliche: il Regno di Sedang di Fabio V.

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Nel febbraio del 1889 un gentiluomo alto, con capelli scuri, una folta barba e il portamento regale,  girava per Parigi, attirando l’attenzione dei passanti. Proveniva dall’Indocina, il suo nome era Charles-Marie David de Mayréna ma si faceva chiamare “Conte di Drey”. Il suo arrivo fu annunciato dai giornali francesi il 24 febbraio:  ”Ieri fu visto al Café Riche un re dall’aspetto imponente… Si tratta di Marie I°, Re di Sedang… e gli piace girare per i boulevard di Parigi e sulle rive della Senna…”. Sceso all’Hôtel Ritz e seguito da una corte di molti dignitari arrivati a bordo di una ventina di autovetture, il misterioso personaggio attirò l’attenzione di giornalisti, curiosi, faccendieri e persino di commercianti di francobolli, attirati dalla voce della disponibilità di Sua Maestà a immettere sul mercato le rare emissioni di Sedang.

I francobolli del fantomatico regno di Sedang furono tutto ciò che rimase nella capitale francese di Charles-Marie David de Mayréna e della sua corte, dopo la loro repentina uscita di scena, uniti ai conti non pagati al Ritz e in alcune gioiellerie dove il re in persona aveva ritirato oggetti preziosi per la bella moglie.

Ma chi era questo avventuriero e dove era ubicato il regno di Sedang?

Da fonti differenti si hanno informazioni diverse sul nostro personaggio. Una ricostruzione plausibile vede Charles-Marie David de Mayréna nascere in Francia, a Tolone, seguire studi in geologia e medicina, e quindi partire per l’estremo Oriente. Irrequieto e desideroso di arricchirsi Charles-Marie fece diversi viaggi a Giava, Sumatra, e in Annam, che corrispondeva all’attuale Vietnam del sud. Tornato in Francia, ventilando ricchezze minerarie in Annam, ottiene l’incarico di esplorare le rive del fiume Mekong, con il segreto scopo di saggiare la disponibilità delle tribù locali ad allearsi con la Francia e non con il regno del Siam interessato anch’esso a quei territori. L’intraprendente esploratore, mettendo a frutto le sue conoscenze di medicina e le sue scorte di medicinali, riesce ad arginare una epidemia fra le tribù indocinesi, ottenendone la fiducia. La sua ambizione lo spinge ad approfittare di questa situazione: dopo aver sposato la figlia di un importante capo tribù si fa nominare capo dei capi e si autonomina Re di Sedang con il  nome di Marie I°. Grazie a questa carica comincia a dispensare titoli nobiliari a europei creduloni. E’ a quel punto che decide di tornare in pompa magna a Parigi. E siamo così tornati all’inizio della nostra storia. Dopo la partenza in tutta fretta da Parigi si reca in Belgio dove nomina un nuovo agente esclusivo per la vendita dei francobolli di Sedang e poco dopo si imbarca sul piroscafo Sachesen, con l’intento di tornare in Annam. Ma  non ci arriverà mai perché viene bloccato a Singapore dagli inglesi con l’accusa di  contrabbando, mentre il governo francese gli toglie tutte le coperture e un drappello di soldati occupa l’altipiano dell’Annam. Charles-Marie David de Mayréna è costretto a rifugiarsi nella  Malesia britannica, precisamente nell’isola di Tioman nel Penang. Lì, e siamo giunti all’11 novembre del 1890, sopravviene la morte causata da avvelenamento. Morte misteriosa: c’è chi dice a causa del morso di un cobra, chi per la puntura di un ago avvelenato con curaro. Un’altra versione ancora lo vuole ucciso in un duello.

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Del fiabesco regno  di Marie 1° di Sedang restano solo vaghi ricordi e i francobolli. La serie completa consta di sette pezzi, di colore e valore facciale differente. La prima tiratura fu eseguita a Shanghai nel 1888 e la seconda a Parigi nel 1889. La prima è molto più rara della seconda, che si trova  ancora oggi facilmente sul mercato. I francobolli sono annullati con un timbro tondo con la scritta “DEH SEDANG PELEI AGNA”. Le due tirature si distinguono per alcune piccole differenze come le estremità delle zampe del leone e i trattini  fra i valori facciali in lettere…

Lunga vita al re di Sedang e alle sue “etichette”, perché di etichette e non di francobolli si tratta!

FINE

 

 

LA TERRA DELLE ONDE WAVELAND E ROCKALL

articolo di Fabio v e Michele A.

In primo piano

 

 

Il  10 giugno del 1997 un gruppo di attivisti di Greenpeace si inerpicò su un isolotto roccioso che spunta nel bel mezzo del Nord Atlantico a 300 chilometri da San Kilda, un’isola prossima alla costa scozzese. Il gruppo piantò alcune tende e fece sventolare la bandiera di Greenpeace durante i 10 giorni in cui soggiornò in quel luogo impervio. Fu deciso di chiamare quello spuntone di roccia disabitato “Waveland”, o “Terra delle Onde” e di dichiararlo indipendente. Per l’occasione l’organizzazione fece stampare una etichetta dentellata da 10 pence di colore giallo con  il profilo dell’isolotto.

 We lived there for 40 days

Anche dopo il ritorno a casa degli attivisti i giornali continuarono periodicamente a dare notizie su Waveland sino al 1999, in quanto il supposto microstato rilasciò via web ai simpatizzanti ben 15.000 passaporti! Poi per mancanza di fondi il progetto Waveland, nato per contestare le esplorazioni petrolifere, cessò di esistere e tutto tornò nell’oblio.

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Ma qual è il vero nome di questo isolotto alto non più di trenta metri, pinnacolo emergente di un ex vulcano? Chi effettivamente possiede questo sperone di roccia battuto dai venti e da onde enormi che spesso lo ricoprono con la loro schiuma? Perché tanto interesse per un luogo disabitato dove al massimo nidificano alcune specie di uccelli marini? Un’attenta ricerca sulle antiche cartine geografiche dell’ammiragliato britannico ci informa che questo isolotto era già citato nel 1607  con  il nome di Rokol, mentre con il nome di Rockall figura negli Atti ufficiali del Regno Unito che ne proclamò il possesso il 10 febbraio 1972 con il Rockall Act.

Nel 1955, ben prima che l’Atto fosse votato dal parlamento britannico, un elicottero con la bandiera dell’Unione aveva sorvolato Rockall lasciando  sul posto un piccolo contingente di tre soldati, che per alcuni giorni stazionò sull’isola. La foto dell’alzabandiera fu riportata da molti giornali dell’epoca. Una targa fu poi lasciata ad indicare il possesso di questa terra, certamente antichissima. La sua composizione geologica è tale che il plateau di Rockall (quindi anche il fondale) è prova tangibile della teoria della deriva dei continenti,  quando America del Nord, Europa ed Asia, uniti nella Laurasia, si separarono, nel periodo terziario, ben 100 milioni di anni fa.

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Con il Rockall Act il Regno Unito acquisisce tutti i diritti derivanti dal possesso dell’isolotto: una zona economica esclusiva di 200 miglia nautiche, con un’area esclusiva per la pesca e lo sfruttamento del fondo marino che potrebbe avere riserve di petrolio. Ecco quindi spiegato l’interesse economico del governo di sua maestà la regina Elisabetta II e le ancora attive rivendicazioni di ben tre nazioni limitrofe, quali la Danimarca (per la Groenlandia), l’Irlanda e l’Islanda, nonché il già citato intervento di Greenpeace per portarlo all’attenzione del mondo. Risale agli anni Settanta l’etichetta in bianco e nero da 30 pence, di origine britannica.

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I collezionisti di francobolli e di storia postale, sopratutto quelli più curiosi e dediti a mettere nei loro album reperti inusuali, sono ancora oggi interessati alle vicende di Waveland/Rockall. Costoro  nel giugno 2005 fibrillarono ad una notizia apparsa sui giornali scozzesi. Una piccola spedizione di 10 scalatori, in uno dei rari giorni di bonaccia, era approdata sull’isola ed era salita sulla cima. Fra gli oggetti portati dagli scalatori c’erano anche un centinaio di buste affrancate con un “francobollo” da 2 sterline di Rockall,

 precedentemente stampato per sovvenzionare la spedizione.

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La forte richiesta assorbì subito la piccola produzione e i prezzi delle poche buste messe in asta salirono notevolmente. I baldi scalatori, che firmarono le 100 FDC (first day cover), prepararono anche l’inno dell’isola e persino una dichiarazione di indipendenza della “Repubblica del popolo di Rockall”.

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Da allora il roccione è rimasto disabitato ed è a tutt’oggi in attesa di altri temerari desiderosi di soggiornare nella Terra delle Onde. Naturalmente sia i “francobolli” di Waveland che quelli di Rockall sono delle semplici etichette, ma a buon diritto sono collezionate come documenti e testimoni di eventi particolari.

FINE

Il Paese senza tasse. Articolo di Fabio V. e Michele Apicella

Posted on 21 settembre 2015 by Giambattista Pepi

 

 

      

Nell’aprile di quest’anno alcuni quotidiani hanno riportato la notizia della nascita di un nuovo Stato: Liberland. Nato per iniziativa del ceco Vit Jedlicka, un attivista euroscettico, sembra avere attirato le simpatie di molta gente se è vero che in cinque mesi 300mila persone ne hanno chiesto la cittadinanza. Ma chi non sarebbe felice di sottostare alle leggi di Liberland il cui motto è “vivi e lascia vivere”? Se poi si aggiunge che in quel Paese non ci saranno tasse… l’interesse è presto spiegato. Un po’ più complesso prendere la residenza in quel territorio visto che l’intero Stato è ricoperto da una foresta e che attualmente è disabitato e non ci sono case.

Ma di cosa stiamo parlando? Di una zona di appena sette chilometri quadrati sulle rive del Danubio fra Croazia e Serbia. Questo lembo di terra sembra non appartenere a nessuno. Per una mancata definizione dei confini fra i due Stati slavi, già dal tempo i cui erano regioni della ex Jugoslavia, attorno alle rive del fiume vi sono zone reclamate da entrambi e un’area non reclamata da nessuno dei due contendenti. Ecco dunque l’iniziativa di  Vit Jedlicka che si è proclamato presidente di questo nuovo Stato (l’ottavo nato dopo la dissoluzione della Jugoslavia).

I collezionisti di etichette e pseudo francobolli stampati da micronazioni sono in attesa delle prime emissioni ufficiali del sedicente Stato, ma si dovrà attendere a lungo, almeno sino a  quando sarà costruito il primo ufficio postale di Liberland, che comunque ha già la propria bandiera. Il nuovo Stato ha cercato contatti con le autorità delle due nazioni limitrofe, ma la Serbia ha snobbato le missive di Vit Jedlicka, mentre la Croazia è stata più dura e ha impedito l’accesso ai giornalisti e a chiunque volesse recarsi a Liberland. Senza addentrarci in problematiche di diritto internazionale, possiamo affermare che per il nuovo presidente sarà ben complicato dimostrare la sua autorità su quei sette chilometri quadrati se non potrà nemmeno calpestarne il suolo!

 

 

Ecco come Michele immagina l'ingresso di Atlaintium.

Spostiamoci ora in un’altra zona del mondo per mostrarvi una micronazione che perlomeno il suo ufficio postale lo ha già. Questa piccola costruzione, con tanto di bandiera che garrisce al vento, è situata in una località battezzata Aurora a 350 chilometri a sud ovest di Sidney in Australia ed è anche una delle sedi del sedicente Impero di Atlantium. La bandiera fu raffigurata nel 2006 sulle prime etichette stampate dall’Impero, mentre in una “emissione” successiva spicca la figura dell’imperatore George II.  La cartoline spedite da Aurora giungono anche in Italia con tanto di annullo dell’Impero, ma solo grazie al fatto che sul retro vi è applicato il francobollo australiano in tariffa per invio all’estero. L’imperatore George II al secolo George Cruickshank è residente a Sidney e non ha dichiarato il suo appezzamento di terra  un impero secessionista a sé stante, ma si è limitato a dichiararne la extraterritorialità e sul suo sito – dove raccoglie simpatizzanti e vende etichette e monete ricordo – ha spiegato le sue idee di libertà in questo mondo sempre più globalizzato. L’impero di Atlantium resterebbe quello che è, cioè un gioco che nacque  fra ragazzi nel lontano 1981 se non fosse che il suo imperatore è molto attivo e promuove convegni e conferenze a cui partecipano simpatizzanti e alte cariche di altre autoproclamate micronazioni. Nel luglio del 2013 la seconda “Polinational international conference” di Londra ha avuto un discreto successo e la notizia che ci interessa è che la prossima edizione si terrà in Italia, vicino a Perugia, dove esiste, in mezzo al verde,  la Repubblica di Alcatraz.

Per chi dei nostri lettori volesse approfondire argomenti fai da te del tipo “How to start your own Country”, può leggere il libro scritto da Erwin Strauss. Libro che probabilmente è la bibbia del presidente di Liberland Vit Jedlicka.

Ed ecco il primo set dei francobolli di Liberland:

 

 

Libera Repubblica di Liberland- Aprile 2015

 

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